Studio Cesetti

Le Pubblicazioni

Gratuito Patrocinio "roba da ricchi"

in "Giuridicamente", supplemento al n.4-2003 di "Specchio Economico", pagg. 28-30.

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L’art. 24 della Costituzione, oltre a riconoscere la difesa dell’individuo quale diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, al terzo comma dispone che “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.

Il diritto alla difesa, dunque, oltre ad essere costituzionalmente riconosciuto è anche costituzionalmente garantito a chi non dispone di mezzi sufficienti. L’istituto preposto a ciò è il cosiddetto gratuito patrocinio, recentemente novellato ed inserito nella parte III del Testo Unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115).
Il neoinnesto normativo ha integralmente abrogato la lg. 134/2001, recante modifiche alla lg. 217/1990 sull’istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, non limitandosi a coordinare e ricalcare la relativa normativa esistente, ma in parte innovandola.

Fra le tante disposizioni, destano interesse quelle contenute negli artt. 80 e 81: il primo dispone che chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato; il secondo enumera i requisiti che l’avvocato deve presentare affinché il Consiglio dell’Ordine d’appartenenza accolga la sua richiesta ad essere iscritto nell’apposito elenco. Questi requisiti sono tre: a) attitudini ed esperienza professionale; b) assenza di sanzioni disciplinari; c) anzianità professionale non inferiore a sei anni.
Dal tenore letterale dell’art. 80 del T.U. sembra che i soli avvocati inseriti negli elenchi possano svolgere la difesa di un soggetto ammesso al gratuito patrocinio (si veda, in proposito, il comunicato del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma del 23/6/2002); dunque, sarà utile osservare più da vicino i requisiti necessari all’iscrizione.
Il primo non è di facile interpretazione: secondo alcuni si deve ritenere soddisfatto quando ricorrono i presupposti di cui alle lettere b) e c), poiché altrimenti si attribuirebbe al Consiglio dell’Ordine un potere meramente discrezionale di difficile controllo; è possibile, piuttosto, che il Legislatore intendesse richiedere l’indicazione delle attitudini e delle effettive esperienze professionali, in modo da indurre la persona indagata o già imputata a scegliere un avvocato preparato nella materia oggetto del processo.

L’assenza di sanzioni disciplinari, invece, deve essere totale dato che né il secondo comma dell’art. 81 del T.U. né il terzo comma, che dispone la cancellazione dall’elenco nel caso in cui intervenga una sanzione disciplinare, operano alcuna distinzione tra tipo, natura ed effetti delle sanzioni.
Tuttavia, se si considera il semplice “richiamo”, che non esplica particolari effetti sull’esercizio dell’attività dell’avvocato, si è portarti a credere che il rigore della norma sia eccessivo.
Riguardo al requisito sub lettera c), non si coglie la ratio della disposizione che richiede un’anzianità professionale non inferiore a sei anni; i primi due requisiti, infatti, sono più che sufficienti a garantire i diritti dell’imputato non abbiente.

La possibilità per un avvocato di diventare “Cassazionista” dopo soli cinque anni di attività forense grazie al superamento dell’apposito esame previsto per legge; il diritto di iscriversi nelle liste dei difensori d’ufficio allo scadere del secondo anno di anzianità e, addirittura, quello - anche del praticante abilitato - di diventare difensore d’ufficio con la sola partecipazione al corso semestrale organizzato dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza, fanno sorgere il dubbio che qualche cosa non va.

Da quanto esposto, infatti, consegue l’assurdità che un avvocato “cassazionista” possa non essere idoneo alla difesa per gratuito patrocinio, e che il difensore d’ufficio non iscritto alle liste del gratuito patrocinio debba operare la difficile scelta di difendere l’imputato non abbiente assegnatogli dallo Stato senza che lo Stesso gli riconosca onorari e spese (in altre parole dovrebbe lavorare gratuitamente), ovvero fare apposita istanza motivata al Giudice al fine di essere sollevato dall’ufficio.

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza del 19 giugno 2002 n. 299, si è pronunciata in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 17-bis della legge 217/1990 che, seppur ormai abrogato dall’attuale T.U., pure richiedeva l’anzianità di sei anni per l’iscrizione agli elenchi del gratuito patrocinio, decidendo per la manifesta infondatezza della questione.

Secondo la Consulta l’esplicazione del diritto di difesa, inteso come diritto di scegliere liberamente il proprio difensore (art. 24 Cost.), nonché come diritto a non essere discriminati rispetto agli altri imputati (art. 3 Cost.), non sarebbe leso dal meccanismo previsto poiché esso, lungi dal rappresentare una scelta irragionevole del Legislatore, rivela “l’esigenza di particolare dignità e qualità che…deve permeare l’esercizio di una prestazione avente connotazioni e riflessi peculiari di carattere pubblicistico, connessi alla natura del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, in relazione al quale, per un verso, vengono impiegate risorse economiche della collettività e la cui necessità, sotto altro profilo, origina da una situazione di debolezza economica del singolo”.

Bisogna puntualizzare, tuttavia, che L’art. 117 del T.U. dispone: “L'onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato o del condannato irreperibile sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità previste dall'articolo 82…”, cioè secondo la procedura prevista per il gratuito patrocinio, senza prevedere però distinzioni tra avvocati senior, junior e praticanti abilitati. Insomma, anche per l’imputato irreperibile vengono utilizzate risorse economiche della collettività; perché in questo caso non vi sarebbe un’esigenza di particolare dignità e qualità nella difesa tale da rendere necessaria l’iscrizione nell’apposito elenco?

L’art. 82 T.U., inoltre, prevede che “L'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, e previo parere del consiglio dell'ordine, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa”: questo meccanismo, da solo, è già più che sufficiente a garantire le risorse economiche della collettività perché il doppio ostacolo rappresentato dal parere del Consiglio dell’Ordine e dal decreto giurisdizionale è insormontabile anche per il meno “coscienzioso” degli avvocati.

In generale, poi, a parità di onorari corrisposti, l’impegno profuso nella difesa non varia col mutare del soggetto obbligato al pagamento (in questo caso lo Stato); esso, semmai, varia in ragione della difficoltà della causa o, al limite, dell’interesse del professionista a conservare il cliente.

Riguardo alla “…situazione di debolezza economica del singolo” ci si domanda in che modo essa sarebbe maggiormente garantita dal veterano: che l’avvocato dell’indigente debba essere particolarmente corretto dal punto di vista etico-morale è fuori di dubbio, tuttavia tale integrità non si acquista col decorso del tempo; tutti gli avvocati che non hanno subito sanzioni disciplinari sono formalmente onesti e, dunque, tutti devono poter essere scelti dal potenziale cliente, altrimenti viene limitato il cd intuitus personae; il povero non è un individuo incapace di valutare la rettitudine e quest’ultima può riscontrarsi anche tra coloro che, pur presentando un’anzianità professionale inferiore a sei anni, non hanno subito alcuna sanzione disciplinare.

L’art. 140 del D.P.R. 115/2002, inoltre, palesa un’inequivocabile discriminazione fra avvocati ed altri professionisti: questa norma dispone che “chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto ai sensi dell'articolo 80 o un difensore scelto nell'ambito degli altri albi ed elenchi di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni”. In altre parole, nei giudizi innanzi alle Commissioni Tributarie, sono abilitati alla difesa per gratuito patrocinio anche i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commercialisti nonché, limitatamente ad alcune materie, i consulenti del lavoro, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti edili, i dottori in agraria, gli agronomi e i periti agrari, senza che presentino particolari requisiti; si assiste, in pratica, al paradosso che mentre gli avvocati devono offrire le qualità della rettitudine e dell’anzianità e devono richiedere l’iscrizione in un albo speciale, i dottori commercialisti e tutti gli altri professionisti elencati, per l’esercizio delle stesse funzioni, non ne hanno bisogno.

La disciplina sul gratuito patrocinio, per altro, per come è strutturata può indurre anche la persona facoltosa a rivolgersi agli avvocati iscritti alle liste, perché sono già selezionati dall’ordinamento per la loro preparazione, rettitudine e comprovata esperienza professionale, con il conseguente rischio dell’emergere di una casta elite precostituita dalla legge, di una contrapposizione tra pochi avvocati di serie A e molti di serie B, tra avvocati ricchi ed avvocati poveri, ricchi di cultura giuridica, di esperienza e di clienti.

Come se non bastasse, ed a testimonianza che la novella qualche problema lo presenta, si consideri che, con decreto del 5 ottobre 2002, il Giudice Dott. Valerio Savio della Settima Sezione Penale del Tribunale di Roma ha ammesso al gratuito patrocinio un imputato difeso da avvocato non iscritto alle liste, grazie ad una ineccepibile interpretazione del dettato normativo nel senso che “…in nessuna norma del DPR 115/2002 la nomina, da parte di chi chiede l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di un Difensore con anzianità professionale inferiore a sei anni o in genere non iscritto agli elenchi di cui all'art. 81 è prevista quale causa di inammissibilità dell'istanza di ammissione: e che ciò, significativamente, non avviene neanche nella disposizione in cui viene istituita una causa di inammissibilità con riferimento alla nomina del Difensore, vale a dire nell'art. 91 lett. b), laddove come si è visto si stabilisce l'inammissibilità dell'istanza ove si nomini più di un Difensore di fiducia;…”, interpretazione che, tuttavia, lo ha forzato ad argomentare “che il combinato disposto degli artt. 80-81 stesso DPR finisca con l'avere una rilevanza tutta interna all'ordinamento della professione forense, per effetto dell'indiretta creazione di null’altro che di una norma deontologica relativa alle modalità di acquisizione della clientela che impone ai non iscritti agli elenchi di cui all'art. 81 di non accettare incarichi fiduciari da chi chiede di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato (norma la violazione della quale rimane quindi in ipotesi sanzionabile solo in sede disciplinare nell'ambito della discrezionalità in materia del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati )”.

Concludendo, alla luce di quanto esposto, sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore (si veda, in proposito, la proposta di Legge a firma On. Gaetano Pecorella, n. 3017, approvata il 23 dicembre 2002 ed in attesa di esame al Senato), o investire del problema la Corte Costituzionale, che purtroppo finora ha avuto occasione di decidere solo circa la legittimità dell’abrogata disciplina – contenente peraltro disposizioni simili - riguardo ai diritti degli indigenti, non anche riguardo ai rapporti intercorrenti tra questi e le persone abbienti, per le quali una difesa qualificata quanto quella offerta gratuitamente ai primi sarebbe estremamente onerosa, e nemmeno riguardo ai rapporti tra i diversi partecipanti allo stesso ordine degli avvocati; l’esclusione dall’esercizio dell’attività professionale per gratuito patrocinio di alcuni fa sorgere qualche dubbio di costituzionalità.


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